Mangiare lentamente riduce colesterolo, glicemia, ipertensione

Se non ci si «ingozza» anche la linea migliora: si riduce soprattutto il girovita. Per mangiare in modo corretto , sottolineano, gli esperti, serve almeno mezz’ora.

Chi va piano va sano e va lontano, recita il detto. E anche in questo caso un vecchio proverbio ha molte ragioni, messe nero su bianco dalla scienza: uno studio del cardiologo Takayuki Yamaji dell’università di Hiroshima ha da poco dimostrato che la velocità con cui «spazzoliamo» un pranzo è direttamente proporzionale al rischio di sviluppare la sindrome metabolica, una condizione in cui sono presenti almeno tre fattori di rischio fra trigliceridi, colesterolo, glicemia o pressione fuori dai limiti, obesità o girovita abbondante.

La ricerca giapponese
Il ricercatore giapponese ha valutato la velocità con cui abitualmente mangiano circa mille suoi connazionali, seguendoli per cinque anni così da monitorarne lo stato di salute; l’incidenza di sindrome metabolica è risultata pari al 6,5% in chi mangia a ritmo «normale», salendo fino all’11,6 % nei «velocisti» e scendendo attorno al 2% in chi si prende tutto il tempo necessario per finire i pasti. Gli ultra-rapidi sono mediamente più grassi, hanno un girovita molto abbondante e una glicemia più alta rispetto a tutti gli altri: un dato che conferma un’indagine pubblicata sul Journal of Epidemiology su quasi novemila persone, secondo la quale i pasti rapidi potrebbero aumentare il rischio di sindrome metabolica addirittura fino al 35%.

Effetto sazietà
Yamaji ha spiegato che «l’effetto potrebbe dipendere dalla mancata sensazione di sazietà, che porta a mangiare più del necessario e quindi a ingrassare». Dal momento in cui si inizia il pasto, infatti, il cervello impiega circa 20minuti per mandare il segnale di «stomaco pieno»: se siamo troppo veloci, lo stop non arriva in tempo utile e finiamo per introdurre più cibo prima di fermarci. Masticare al rallentatore invece riduce la densità energetica del pasto, come ha dimostrato un’indagine dell’università del Texas su una settantina di volontari: il risultato è un’azione dimagrante, inconsapevole ma efficace.

Almeno mezz’ora
«Per mangiare al giusto ritmo, servirebbe almeno mezz’ora — ha commentato Nieca Goldberg, cardiologa dell’American Heart Association al cui congresso sono stati presentati i nuovi dati —. L’errore che porta tanti ad accelerare? Pranzare di fronte al computer, mentre si lavora: bisogna invece mangiare in un luogo preposto, da una cucina a una sala da pranzo, da una mensa al ristorante». Il risultato, altrimenti, è che non ci rilassiamo, la pausa sembra ancora più breve e dopo poco torna pure la fame perché non ci sentiamo sazi. ».

Digestione migliore
In più, uno studio giapponese su Obesity mostra che triturare bene il cibo aumenta l’afflusso di sangue a stomaco e intestino, a tutto vantaggio della funzionalità digestiva, e fa pure «bruciare» una decina di calorie in più a pasto rispetto a chi trangugia il piatto in un attimo: solo prendersi un poco di tempo in più prima di inghiottire, secondo gli autori, potrebbe far spendere circa duemila calorie in più al mese. Inoltre, nella bocca avviene una prima digestione: una ricerca dell’università del Rhode Island ha dimostrato che i velocisti ingollano 80 grammi di cibo al minuto, contro i 50 dei lenti e questo non solo significa mangiare di più, ma anche buttar giù bocconi grandi con meno saliva (che contiene enzimi digestivi), più difficili poi da smaltire per lo stomaco. I tempi stretti, infine, fanno sì che stomaco e intestino ricevano il cibo quando non sono ancora preparati per gestirlo: dal momento in cui annusiamo un piatto e diamo il primo morso, il tratto gastrointestinale si allerta per mettersi al lavoro ma perché nello stomaco inizi la secrezione acida e l’intestino avvii i suoi movimenti serve un po’ di tempo. Ovvero, proprio quei minuti che dovremmo impiegare per masticare bene.

I consigli
I trucchi da adottare? Oltre a masticare a lungo, mangiare in compagnia, ma anche può appoggiare le posate o fare un respiro profondo fra un boccone e l’altro, o, ancora, tagliare il cibo a pezzetti piccoli. «L’essenziale è allungare i tempi — dice il ricercatore giapponese — . I nostri dati mostrano che i pasti veloci aumentano anche le oscillazioni della glicemia, a loro volta causa di un maggior rischio di resistenza all’insulina e quindi di diabete: provare a mangiare con più calma può davvero essere un metodo semplice, ma utilissimo per migliorare lo stato di salute generale».

Fonte: corriere.it