Lavarsi le mani può salvare la vita

L’Oms celebra la giornata mondiale del lavaggio delle mani: un gesto semplice e a costo quasi zero che può dimezzare la diffusione di malattie gravi in ospedale.

Avete idea di come davvero ci si debba lavare le mani? Molti di noi probabilmente no. Quante volte pensiamo di rimediare al problema con una frettolosa passata sotto l’acqua e un po’ di sapone? In realtànon basta.
A ricordarcelo è la Giornata dell’igiene delle mani, che l’Organizzazione Mondiale della Sanità celebra il 5 maggio. «Strofinando palmi e dorsi con abbondante sapone per 40-60 secondi si eliminano il 99% dei batteri» spiega Antonella Castagna, infettivologa, responsabile della Divisione Malattie infettive all’osp. San Raffaele di Milano. Sembra scontato, semplice e a costo quasi zero. Eppure è un gesto troppo spesso sottovalutato e quasi sempre mal fatto nonostante sia uno strumento non solo di igiene quotidiana ma anche di prevenzione del diffondersi di infezioni, soprattutto in ospedale, e dell’antibiotico-resistenza (il fenomeno per cui un germe non risponde all’attività di un farmaco antimicrobico).

I dati
Nell’Ue si calcola che 3,2 milioni di pazienti si ammalino per infezioni durante la permanenza in strutture ospedaliere: di questi circa 37 mila muoiono a causa delle conseguenze correlate. «Si stima che se l’80 % di medici e infermieri si lavassero le mani con regolarità, le infezioni ospedaliere sarebbero dimezzate» sottolinea Castagna. Nel mondo, con un’accurata igiene delle mani ogni anno si potrebbero salvare 8 milioni di persone ricoverate.


In ospedale ci sono momenti in cui lavarsi le mani è fondamentale e li elenca l’Oms:

  • prima di toccare il paziente; prima di una procedura assistenziale;
  • dopo aver maneggiato i suoi liquidi corporei (anche in contenitori o provetta);
  • dopo la fine della visita e dopo aver toccato oggetti o indumenti con cui il malato è stato in contatto.

La sepsi: L’Oms quest’anno dedica la giornata dell’igiene delle mani in particolare alla prevenzione della sepsi, gravissima infezione che da sola ogni anno colpisce 30 milioni di persone e ne uccide sei. «Veicolare un germe resistente agli antibiotici su pazienti fragili amplifica i rischi. Le nostre mani sono colonizzate da microrganismi e i problemi nascono quando vengono a contatto con ferite, piaghe da decubito o dispositivi medici come cateteri».


Per questo molti ospedali si sono attivati per diffondere la cultura del lavaggio continuo in corsia con artelli che ricordano la procedura e con corsi di aggiornamento per gli operatori sanitari.


Acqua e gek alcolici
Le fasi per lavare bene le mani non sono banali , ma con l’abitudine diventano un automatismo che serve non solo agli operatori sanitari ma a tutti. L’Oms invita a usare la salvietta monouso per chiudere il rubinetto, per evitare di contaminare di nuovo la mano appena pulita. Procedura che è superata nelle strutture dove i lavandini sono dotati di pedale o fotocellula.
Negli ospedali è facile trovare distributori di igienizzanti per le mani, a base alcolica: possono essere utilizzati invece dell’acqua e sapone per 30-40 secondi, senza abusarne per non favorire lo sviluppo di resistenze. Le mani vanno però lavate anche a casa (non solo dopo essere stati in bagno, prima di mangiare), dopo aver frequentato luoghi pubblici e anche per difenderci dai nostri cellulari: l’80% dei più comuni batteri umani dimorano infatti sui nostri smartphone.

(Salute, Corriere)